Il Cantastorie n 17 Gennaio-Marzo 1985
Lo spettacolo del circo, inteso secondo gli aspetti moderni, nasce in
Inghilterra verso la metà del secolo XVIII per opera di un sergente dei dra-
goni, Philip Astley (1742-1814), il quale, ritornato in patria dopo la fine della guerra dei Sette Anni, pensò di utilizzare a scopo professionale le virtuosità acrobatiche equestri che erano state oggetto dell'ammirazione dei suoi
commilitoni.
L'Inghilterra, nazione eminentemente appassionata per il cavallo, le prime
corse organizzate si svolsero appunto in quel paese, aveva già dato verso la
metà del 700 vari spettacoli equestri con acrobati e cavallerizzi d'eccezione quali Bates, Price, Dobney, ma Astley aggiunse all'esibizione con i cavalli i clowns, gli equilibristi, i giocolieri, gli illusionisti, gli acrobati alle scale,
i ventriloqui, le ombre cinesi, ecc., insomma tutte quelle specialità del teatro della fiera, che riunite insieme risultavano poi comporre lo spettacolo
del circo.
Ma se si desidera scoprire ancora un antesignano in Europa dell'acrobazia
equestre, lo troviamo in un bolognese, di cui fa menzione lo scritto di un
parlamentare di Parigi della fine del secolo XVI: "Nel mese di agosto 1582
venne a Parigi un italiano di Bologna, che diceva essere stato schiavo in
Turchia durante otto anni e di avere appreso in quel Paese svariate gentilesses e destrezze rare e rimarchevoli.
Questo bolognese eseguiva gli
esercizi che attualmente praticano i cavallerizzi acrobati e di volteggio.
Va anche detto che proprio a Bisanzio, dopo che l'imperatore Onorio nel
401 A.C., aveva soppresso i combattimenti gladiatori, i cavallerizzi continuarono ad essere in auge presso i pubblici di quella città. Appunto a
Costantinopoli, i Crociati, nel 1204, trovarono l'arte dell'equitazione
acrobatica tenuta ancora in grande onore.
Astley è stato tuttavia il primo che ha riuniti all'aperto artisti e animali
entro un anfiteatro dandovi, in un primo tempo, spettacoli a cielo scoperto,
perchè la tenda, o chapiteau, è venuta più tardi, cosa che permise al
circo di prendere un grande e inaspettato sviluppo.
Astley, dunque, dopo
aver costruito a Londra un primo maneggio che fece accorrere tutta l'aristocrazia londinese, eresse un circo stabile a cui diede nome di Amphitheatreof Arts,e alle acrobazie equestri, aggiunse, per rendere vario, interessante e senza pause lo spettacolo, le altre attrattive, di cui si e già detto, dando
cosi consistenza alla attrattiva basilare - quella del cavallo - contornandola
di numeri suggestivi e sorprendenti.
Astley, sbarcato poi nel continente, costruì un Circo a Parigi, dopo
il 1770, nel Faubourg du Temple che denomino Amphithéatre Angiois Astley:
era il primo Circo Equestre che si stabiliva in Europa e che poi, passato
nelle mani dell'udinese Antonio Franconi (1731-1836) doveva consolidare e
rendere consuetudinari e classici gli spettacoli della pista.
Se ad Astiey spetta il merito di avere creato il circo moderno, a Franconi non si può
negare l'altro merito di avere impostato e diffuso il nuovo spettacolo nel
continente. Infatti a lui e ai suoi discendenti, cavallerizzi ed acrobati
d'eccezione, si deve la creazione di circhi stabili parigini e dei famosissimi
mimodrammi e pantomime equestri a grande spettacolo, specie di colossali riviste
in cui figuravano tutti gli artisti, tutta la fauna del circo ed innumeri comparse.
Sin dagli inizi, le attrazioni indispensabili che formano l'essenza del circo
sono il cavallo ed il clown. Circo dunque, mai disgiunto dall'aggettivo
equestre, sta ad indicare soprattutto le prodezze equestri: con cavalli.
Per
cavallerizzi e cavallerizze in piedi si intendono coloro che esercitano la
professione acrobatica con volteggi, salti, danze, salti mortali, ecc., perché per
cavallerizzi seduti si intendono gli artisti di alta scuola, di cui erano
protagoniste soprattutto cavallerizze, donne molto appariscenti, per le quali
l'arena del circo era un trampolino di notorietà mondana. Naturalmente in
quell'epoca d'oro del circo, il fanatismo per le cavallerizze equivaleva a
quello goduto oggi dalle stars del cinema.
Non si deve mai perdere di vista il fatto che le grandi fortune del circo
erano determinate dal fattore cavallo, elemento indispensabile della vita
degli uomini, prima della motorizzazione.
I numeri equestri erano quindi seguiti con la più viva passione da tutti:
per particolari ragioni, dagli elementi del gran mondo, per altre, da quelli
del ceto popolare.
I cavallerizzi del circo erano maestri d'equitazione di gran classe
ed erano richiesti quali istruttori persino nelle scuole militari o presso personaggi
altolocati. Tuttavia l'attrazione fulcro dello spettacolo é andata
scomparendo con l'affermarsi della motorizzazione.
Prima del sorgere dell'era motorizzata, i1 cavallo, indispensabile alla
vita dell'uomo e compagno di vita e di battaglia, era il beniamino dello spettacolo e
accettato come protagonista favorito.
Il secondo pilastro dello spettacolo e stato, fin dal tempo di Astley, e lo
é tuttora, il clown, espressione comica nata in Inghilterra, ma di cui fu il
creatore un Arlecchino oriundo italiano, Joe Grimaldi. Il compito del clown
attraverso le improvvisazioni spassose e surreali del clown, il quale, con le
sue entrate, permette di far riposare e divagare lo spettatore scosso dalle
più opposte emozioni; se il clown è veramente artista, conduce lo spettacolo un po' a spasso per il mondo della fantasia; senza il clown il circo non è
possibile.
Clown, dunque, vuol dire circo: senza di lui lo spettacolo sarebbe
scucito e contraddicente.
Una prodezza acrobatica verrebbe annullata da
una prodezza del giocoliere e così via.
Il clown deriva da Arlecchino, figura comica universale, in un incontro di
buffoneria mediterranea con l'umorismo anglosassone. E deve essere acroba, per eccellenza, cavallerizzo, attore,deve saper fare ridere; deve essere
musicista e avere confidenza con tutti gli strumenti musicali: deve essere,
insomma, l'Arlecchino dei giorni nostri, artista enciclopedico.
Malgrado questi meriti la vecchiaia del clown è, in generale, la più dolorosa tra quel-
le degli artisti dello spettacolo: quando cessano di far ridere essi precipitano nella più nera miseria, nello sconforto, nella più assoluta dimenticanza; i
tristi esempi di Grimaldi, Billy Hayden e Little Tich, celebri ai loro tempi
quanto oggi Charlot, sono una chiara testimonianza di questo ingrato fenomeno.
Tra questi due poli del circo classico agiscono e vivono le altre attrazioni: gli antipodisti e gli icariani, cioè gli artisti di quella specialità che consiste nel palleggiare e fare volteggiare con i piedi rivolti in alto oggetti o
esseri umani da un acrobata coricato su un apposito cuscino chiamato
trinka;
i pertichisti, cioè quegli acrobati che lavorano in cima ad una per
tica sostenuta dalla colonna, cioè l'acrobata che sostiene l'asta; i giocolieri
che esercitano prodezze di destrezza con oggetti (piatti, palle, cerchi, fiac
cole, ecc.);
gli equilibristi, di cui esistono varie specialità: sulla fune (funamboli), sul filo di ferro (filoferristi), ciclisti, equilibristi sulle sfere, ecc.;
i saltatori, alle bascule, al trampolino; i trapezisti volanti, gli ammaestra
tori di animali, i lanciatori di coltelli, i fachiri, i parodisti musicali, gli
acrobati del tappeto, gli acrobati della morte; ecc.
Fra tutti questi specia
listi non è possibile tacere i nomi di tre meraviglie dell'arte circense:
Enrico Rastelli, l'asso portentoso della Giocoleria, Alfredo Codona, il grande acrobata volante che realizzava al trapezio il triplice salto mortale, e Con Colleano che eseguiva sul cordino di acciaio il salto mortale avanti e indietro senza uso del bilanciere.
Nei primi anni del nostro secolo il serraglio e il domatore che fino ad
allora avevano rappresentato uno spettacolo indipendente, furono assorbiti
dal circo, divenendo un numero di centro, ma esclusivamente un numero, di
cui le esibizioni in ferocia vengono preferite dal pubblico.
ll pubblico ha oggi preso confidenza con le belve, poiché ne vede a iosa
nei parchi zoologici e nei film e quindi è meno interessato ed attento; inoltre le credenze popolari che si sono andate manifestando riguardo alle fiere
non corrispondono a verità; si crede perfino che esse siano più mansuete di
quello che comporta la loro indole. Un altro errore consiste nel credere che
le belve vengono morfinizzate o placate con altri stupefacenti, per
impedire che soggiacciano ai loro feroci istinti.
Due sono i modi che vengono usati con le fiere: l'addomesticamento
cosiddetto in dolcezza e l'altro in ferocia. Il primo consiste nel cercare di
ridurre la belva con le buone maniere al lavoro, agli esercizi che le vengeno imposti, e si pratica con l'accarezzarla, col chiamarla per nome, con offrirle piccole porzioni di cibo di cui é ghiotta evitando di batterla fino ad
esasperarla.
Si può dire che ciò corrisponda ad un ammaestramento.
Vi é poi l'addomesticamento in ferocia che si pratica irritando la belva
con la frusta, gli spari ed altre variate squisite attenzioni.
L'inventore del lavoro in ferocia fu il francese Charles, che verso il
1840 stupiva i parigini presentando impressionanti esercizi con tigri e leoni.
Diceva di sentirsi più: sicuro con una tigre ammaestrata da lui piuttosto che
con una cane sconosciuto.
Ed ebbe ragione perché questo eroe, secondo gli
uni, o questo energumeno secondo gli altri, riuscì a morire di morte
naturale.
Nell'Ottocento i domatori conobbero una popolarità indescrivibile e, per
il loro coraggio, meritata.
Degli italiani il più celebre fu Upilio Faimali
(1824-1894), domatore di pantere che egli stesso andava a catturare in A-
frica. Era di Pontenure (Piacenza) e i suoi concittadini lo hanno onorato
facendo porre sulla facciata del Municipio una lapide che lo ricorda e ulti-
mamente si é parlato inoltre di erigergli un monumento.
Famose e non
meno temerarie degli uomini furono alcune domatrici del tempo passato:
Elena Bright, la Borelly, la signora Lavarrera, Maria La'Corsa, Nouma Ha-wa, Giorgia Dorsy e la Gouloue, la famigerata ballerina della Quadrille realiste del Moulin Rouge.
Diciamo che i primi circhi erano a cielo scoperto, cioè costruiti il legno,
in muratura e anche con tetto; ma fu soltanto con il soccorso della tenda
che lo spettacolo circense poté espandersi e diffondersi: senza la tenda il
circo sopravivrebbe soltanto in qualche metropoli dotata di edifici
appositi capaci di accogliere un pubblico sufficiente per rendere fruttifero
un complesso cosi dispendioso.
E’ all'America del Nord che si deve il
perfezionamento della costruzione della tenda; perché se i saltimbanchi
usavano, all'inizio del secolo scorso, piccole tende, i cosiddetti parapioggia, ad albero unico, fu solo verso il 1850 che un farmacista americano,
Gilbert Spalding, datosi alla vita del circo, creò la tenda a due alberi
(divenuti in seguito persino otto); i molti alberi ampliando le dimensioni del
tutto, hanno permesso infine di raggiungere una capienza, come nel circo
Ringling-Barnum-Bailey, di 15 mila spettatori.
Il circo mobile é sempre esistito ed é quello che nelle sue più modeste proporzioni si compone di una
tenda, di un carrozzone e di un cavallo e di un'arena imprvvisata: cioè
quel complesso familiare che si é usato chiamare con il termine, non del
tutto lusinghiero di saltimbancheria, dimenticando che proprio da questi
modesti complessi nasce il grande artista che darà lustro allo spettacolo
del circo.
Ma furono gli americani Barnum e Bailey a dare il carattere mastodontico al circo attuale: essi adottarono le tre piste (nelle quali lavoravano
simultaneamente gli acrobati e gli artisti in numeri identici sincronizzati)
intercalate da piattaforme per numeri di varietà.
Quando il circo Barnum-
Bailey venne in Europa nel 1899, destò stupore: in tre piste e in due piattaforme avveniva il finimondo, coordinato però da una disciplina e un ordine
perfetti. Si avvicendavano sulle tre piste tutte le specialità dell'acrobazia,
dell'equitazione, della giocoleria.
Buffalo Bill confermò il carattere grandioso del circo americano durante
le tournées in Italia del 1890 e del 1906, traendo seco gruppi di indiani ed
altre troupes esotiche.
L'amore per il colossale indusse i direttori di circo
tedeschi a incamminarsi sulla via realizzata dagli americani. Si sono avuti
così in Europa i grandi circhi tedeschi Busch, Gleich, Krone, Sarrasani, ecc.
In Inghilterra era il circo Mills a tenere alto il prestigio dei circensi
britannici; all'apertura della stagione il proprietario offriva un lunch di un
migliaio di coperti; ma anche il circo Mills e scomparso.
Sul continente europeo il circo offre minor splendore: i due stabilimenti parigini, il Medrano
e il Cirque d'Hiver non godono più del favore di una volta: il primo é
scomparso e il secondo fatica a sopravvivere; i tedeschi hanno nei Krone e
Althoff i loro raggruppamenti più importanti; l'Italia ha affidato ai Togni,
agli Orfei e ai Palmiri, ecc. il buon nome del circo italiano.
Che cosa rappresenta il circo nel campo dello spettacolo?
Lo possiamo
definire come l'espressione del felice connubio di tutte le attitudini fisiche
con l'arte intuitiva e primigenia della rappresentazione comica. Ma é
anche qualcosa di più: é l’arena dove gli attori si concedono con coraggioso disinteresse alla fantasia dell'ardimento
.
ll circo non lascia ancora indifferenti le folle: ma é certo che questo
spettacolo, in tempi nei quali l'interesse per il cavallo, cioè l'attrazione
che aveva generato la nascita del circo, é assai scaduto, é in insidiato dal
favore che incontrano presso il pubblico il cinema, la rivista, la televisione,
e si trova ad una svolta assai delicata della sua esistenza.
Oggi i Togni, gli Orfei, i Palmiri, i Casartelli, i Gerardi si sono
adeguati un po’ ai tempi.
Specialmente gli Orfei e i Togni hanno modernizzato il circo, hanno capito che non può continuare sotto una tenda
vecchia e rappezzata, quindi hanno rappresentato spettacoli nuovi e
decorosissimi che possono competere con quelli dati dai più grandi circhi
d'Europa non esclusi quelli russi.
Da queste innovazioni (circo sull'acqua,
sul ghiaccio) si aspettano grandi benefici: é uno sforzo veramente
notevolissimo che impegna questi artisti, e li impegna non solo nella loro
integrità fisica (per gli artisti dei circo il pericolo é sempre incombente) ma mette a repentaglio anche i loro risparmi ed averi. Quella che hanno
potuto risparmiare lo gettano in questa impresa per renderla adeguata ai
tempi.
E i tempi non permettono più spettacoli in economia, ma necessitano di una cornice di ricchezza ed appunto i circensi italiani vi si sono adeguati con uno slancio del tutto esemplare.
Le innovazioni che il circo adotta faranno forse perdere la sua natura e
la sua fisionomia?
C'é il pericolo infatti di scivolare negli aspetti propri
del Music-Hall, imbastardendo lo spettacolo del circo.
Ma adesso tanti esercizi non offrono più la suggestione di una volta: una ballerina, un'acrobata in piedi su un cavallo al pubblico passa perfino un pochettino inosservata mentre é sempre una prova di abilità, di eleganza, di gentilezza acrobatica, che meriterebbe di avere maggiore successo.
Lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto sostiene il consolidamento e 10 sviluppo del
settore. E’ questo l'articolo 1 della Legge 18 marzo 1968 n. 337 concernente appunto le Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo
viaggiante.
Questa legge da tempo attesa da quanti svolgono la loro attività in questo settore dello spettacolo, é destinata a portare concreti benefici anche oggi artisti del circo che sono i più ammirevoli fra tutti gli artisti poiché ad essi non é concesso di sbagliare: un esercizio imperfetto
si paga ben atrocemente,a volte, perfino con la vita.
Questi magnifici
artisti avevano diritto a essere compresi (non lo erano) in quelle previdenze sociali che adesso la società moderna offre a tutti gli artisti.
Si parla inoltre di una scuola per la gente del circo: non si sa quando si
realizzerà in Italia ma sarebbe di grande utilità perché il circo di Mosca
che ha avuto un grandissimo successo anche da noi valorizza ed accredita
questa istituzione di cui beneficia l'armonia e l'omogeneità dello spettacolo.
II circo di Mosca ottiene questa omogeneità, che si traduce poi in spet-
tacoli elegantissimi, proprio in virtù di una scuola che li coordina, li lega e
li ingentilisce anche.
Quale destino sia riservato a questo spettacolo del circo non sappiamo;
da noi é, al momento, in grande favore, ma ci pare però attuale e avallabile il programma formulato nientemeno che nel 1847 da Teofilo Gauthier: Il
circo dovrebbe divenire permanente esibizione di razze bizzarre, di animali strani, di feste e di magnificenze di tutti i paesi.
Perche ci addolorerebbe constatare il decadere irrimediabile del circo, di
quel circo che annovera fra i propri attori ed eroi i più composti, consapevoli e coraggiosi artisti dello spettacolo.